Tutti i problemi visivi hanno a che fare con la paura. La paura è una sensazione complessa che si presenta in forme diverse.
Esiste la paura come istinto primario di conservazione, quella che ci fa saltare di lato e ci evita di essere investiti da una macchina. Esiste anche una paura generica, che si presenta prima di trovare una causa; esiste poi anche una paura della paura, un atteggiamento di costante (e perdente) ricerca della quiete a tutti i costi.
In questo numero concentriamo l’attenzione sulle forme che riguardano la miopia, perché è lì che la paura domina e modella ogni dettaglio del comportamento.
Abbiamo già in passato messo in luce come la reazione allo stress di un miope tenda ad essere diversa da quella di un ipermetrope o di un emmetropie (che ci vede normalmente).
In particolare viene repressa ed esclusa sia la possibilità di fuggire, che quella del combattere(fight or flight secondo una formulazione molto utilizzata) e viene invece scelto un meccanismo che in natura è presente solo nei cuccioli o di fronte a situazioni di schiacciante debolezza: il freeze, o paralisi.
Proviamo ad usare delle immagini analoghe, ma un po’ diverse.
Di fronte ad una situazione piacevole ogni animale cerca l’unione con la cosa o l’ambiente che gli da piacere. Di fronte a situazioni o stimoli sgradevoli cerca il distacco. Il distacco è a volte necessario per crescere o imparare, ma in linea di massima, è usato per affrontare stimoli sgradevoli. Esistono due possibilità ovvie di distacco: fuggire o contrapporsi. Salta subito all’occhio che un miope trova molte difficoltà a fare apertamente una di queste due cose, per la paura delle conseguenze o di eventuali punizioni (cercherà a volte di farlo in maniera nascosta, indiretta, senza magari ammetterlo neppure con se stesso).
E invece prediligerà un’altra modalità, quella del contrarsi, rifugiarsi dentro, ridurre il proprio campo d’azione (insieme alla sfera di visione nitida, con cui tende a coincidere) e addirittura ridurrà il proprio livello vitale (respirare meno, sentire meno, vivere meno).
Questa predisposizione, quando esiste, viene potentemente incoraggiata dalla nostra società, che tende effettivamente a punire la fuga o la contrapposizione: basta pensare alla scuola.
In questa ottica si rileva come gli occhiali siano dei falsi amici,, che non risolvono, ma anzi tendono ad aggravare e cronicizzare l’atteggiamento di contrazione e di divisione.
Gli occhiali sono una barriera, una divisione tra il sé e il mondo, una “protezione2 di cui si finisce per non poter fare a meno. va notato che gli occhiali accentuano e cronicizzano l’accomodazione che è proprio il modo in cui l’occhio (e il cervello) si ritrae (e si contrae).
Inoltre allontana il mondo, in quanto si vede un’immagine più piccola e si ha l’illusione che le cose siano ancora confortevolmente lontane da noi (il che non è vero. Si finisce sempre per essere in “ritardo” rispetto a tutto, per esempio nella guida).
Inoltre le immagini sono in due dimensioni anziché in tre ed è un po’ come vedere un film, dal di fuori. In ultimo gli occhiali sono dei veri paraocchi, che ci abituano a consumare il 90% del nostro campo visivo.
Gli occhiali favoriscono anche l’inespressività che è come una ulteriore barriera, dopo gli occhiali stessi, alla difesa della propria…anima. Ci si abitua ad avere paura che l’altro possa vederci dentro, scoprire la nostra vulnerabilità ed approfittarne. Insomma l’uso degli occhiali ci abitua e condiziona ad una perenne condizione di distacco.
Niente di strano quindi che molti miopi non riescano a parlare con qualcuno senza inforcare gli occhiali: la paura e semplice situazione di dialogo verrebbe sentita come potenzialmente pericolosa, da affrontare solo dietro la confortante protezione delle lenti.
Il limite viene raggiunto quando non ci si toglie gli occhiali (o le lenti) nel sesso. In questo caso ogni razionalizzazione basata sulla nitidezza mostra la sua falsità e resta la paradossale necessità di mantenere la divisione con l’altro, di ritrarsi, semplicemente perché abbiamo persa la capacità di unirci, siamo abituati al distacco e solo a quello.
Che gli occhiali e le lenti condizionino al distacco, e al timore viene indicato anche dall’esperienza di molti operati con il laser. Di recente ho intervistato un miope operato con un buon risultato, che mi ha confidato di aver sentito per un periodo piuttosto lungo la mancanza della protezione degli occhiali e un acuto senso di vulnerabilità.
Ma perchè ci si mette gli occhiali?
Sono pochi i bambini che vogliono metterli (per essere come papà, per sembrare intelligente…).
Per lo più è la paura che anche in questo caso fa credere a un bambino di non avere scelta.
“Porta sempre gli occhiali, sennò peggiorerai”, “Se non ci vedi chiaro, puoi combinare incidenti, farti male”, “Devi porre controllare gli altri, che potrebbero farti brutti scherzi” e via di questo passo.
Queste sono paure che già si girano in un bambino (o in un adulto) un po’ chiuso un po’ timido e vengono sfruttate e incoraggiate. E mentre la paura di fondo (essere malati o tarati o comunque “sbagliati”, non all’altezza in quanto miopi) viene così poco efficacemente contrastata (perché proprio a causa degli occhiali il bambino vedrà la sua vista peggiorare), se ne creano delle nuove, come quella di perdere o rompere gli occhiali, unica garanzia di sopravvivenza, in situazioni imbarazzanti o di emergenza. Ed ecco che una nuova costrizione si aggiunge ai limiti che già poniamo alla nostra vita.
Gli occhiali sono un vicolo cieco, e non c’è dubbio che per migliorare la vista bisogna cominciare gradualmente a fare a meno.
Bisogna essere però molto consapevoli delle funzioni inconsce che svolgono, perché è lì che possiamo incontrare poderose resistenze.