Lo sguardo interiore
Metodo Bates

Metodo Bates

Lo sguardo interiore - di Giuliana Gatti Quando diversi anni fa iniziai il mio percorso alla scuola Bates il mio intento era di risolvere quello che per credenza pensavo essere un “normale problema visivo legato all’età” e quindi inesorabilmente l’unica soluzione proposta era mettere gli occhiali.
Giuliana Gatti
Quando diversi anni fa iniziai il mio percorso alla scuola Bates il mio intento era di risolvere quello che per credenza pensavo essere un “normale problema visivo legato all’età” e quindi inesorabilmente l’unica soluzione proposta era mettere gli occhiali.
Grazie alle pratiche e alla costanza degli esercizi legati al completamento del lavoro personale del primo anno di scuola mi ero accorta che qualcosa era cambiato.
Scoprì che gli occhi vedono ciò che noi desideriamo vedere e mi accorsi che alcune volte bastava chiudere gli occhi e immaginare qualcosa di piacevole, invece di credere di aver visto qualcosa di non particolarmente bello e riaprendo gli occhi mi accorgevo che la cosa che avevo visto prima aveva già preso un’altra forma.
Come mai succedeva questo? Gli occhi catturano tutta la nostra attenzione rispetto agli altri sensi e quindi noi affidiamo alla vista circa l’80% della nostra percezione, ci dimentichiamo che possiamo anche udire, gustare, toccare e soprattutto sentire all’interno di noi cosa stà succedendo, che tipo di emozione stò vivendo guardando quel determinato oggetto, oppure incontrando quella persona.
Gli occhi tante volte ci portano fuori dal nostro sentire, quindi è importante permettersi di rientrare dentro di noi ed ascoltare quello che c’è in quel momento, piacevole o spiacevole che sia. Quindi, quando ci permettiamo di chiudere gli occhi, durante il palming o il sunning o altre pratiche Bates non facciamo altro che permetterci di sentire il nostro interiore, di ascoltarci. Alcune volte ci sembra troppo problematico guardare cosa succede nella nostra vita quotidiana o dei nostri continui pensieri autolimitanti che nemmeno ci accorgiamo di mettere in atto. Siamo in continuo giudizio di noi stessi e non valorizziamo ciò che veramente desideriamo.
Una volta fatto ciò la domanda successiva è : come mai non cambio? Qui qualcuno comincerà a pensare di giustificare il NON-CAMBIAMENTO . Ecco, in questo tipo di processo siamo tutti esperti, esperti del NON-CAMBIAMENTO. Esperti di ripetere lo stesso errore diverse volte e decidere solo di arrabbiarsi con se stessi e di non trovare un’altra soluzione, perché nel problema c’è già la soluzione.
Quando incontro persone con “problemi visivi” spesso noto che ad esempio la persona desidera cambiare la propria visione ma lo vorrebbe fare senza “chiudere gli occhi e guardarsi dentro”. Il percorso diventa allora solo una serie di esercizi da fare quotidianamente e il risultato può anche arrivare ma non si è andati alla causa di quel problema.
Quando chiudiamo una porta, quella della visione fisica e ne apriamo, se lo desideriamo, quella del sentire interiore, andiamo ad utilizzare il nostro sguardo interiore. Abbiamo sempre con noi i mezzi per poter migliorare la NOSTRA VISIONE DELLA VITA, ma ci fa paura il CAMBIAMENTO perché nella credenza collettiva cambiare vuol dire non essere più sicuri di ciò che ho tra le mani e che penso mi appartenga.
Se si vuole ristabilire una VISIONE NATURALE è necessario attuare un CAMBIAMENTO altrimenti rimarremo con il nostro “problema visivo”
